Ninfe e satiro
Tipo:
Opere; dipinto murale; Immagine fissa
Categoria:
Pittura
Autore:
Pippi Giulio detto Giulio Romano
Nella consueta economia d'ambientazione, qui ridotta a una piano di calpestio e al fondo scuro, risaltano le sole figure della scena, come in un antico bassorilievo marmoreo: due fanciulle, un satiro, un putto. La finzione di un quadro incastrato nella parete e rimarcato dal bordo rosso a mo' di cornice e il ricorso, appunto, ad uno sfondo molto scuro - quasi nero - sul quale si stagliano le figure sono elementi esemplati sul modello della pittura pompeiana. L'azione è stata interpretata come episodio di scherno o tormento da parte delle due fanciulle nei confronti del satiro. Se non vi sono dubbi circa l'identificazione di quest'ultimo, caratterizzato dai consueti attributi iconografici, più discussa è la questione relativa all'identità delle due donne, da taluni definite ninfe, da altri menadi (così Belluzzi, al quale si rimanda in bibliografia): nessun attributo specifico può infatti far propendere con certezza verso l'una o l'altra proposta. Belluzzi, inoltre, si dissocia da Verheyen, che interpreta la figura femminile di sinistra accompagnata dal putto come Venere. L'episodio - tratto da quell'universo di ninfe, satiri e baccanti presente nelle narrazioni ovidiane e già messo in scena nelle storie di questo ambiente non senza esplicite allusioni erotiche - vede un satiro al centro di due figure femminili: quella alla sua destra in atto di respingerlo con un braccio, quasi a voler difendere il putto che, spaventato, si nasconde dietro di lei, tra le pieghe della lunga veste; quella alla sua sinistra impegnata ad afferrarne con una mano un corno, con l'altra la coda. L'espressione noncurante e divertita del satiro, unita a dettagli come la carezza sotto il mento della fanciulla alla sua sinistra, la lingua esposta e il fallo in erezione, non lasciano dubbi circa l'atmosfera erotica di questo episodio: gli stessi caratteri si osservano nel satiro presente nella scena di "Bacco ebbro", sulla stessa parete. Il tema iconografico della baruffa tra menadi (o ninfe) e satiri trova esempi nell'arte antica e ricorre in un tondo della loggia del Giardino Segreto del medesimo palazzo. La scena è stata dipinta, come di consueto, dopo la cornice architettonica e pare essere stata eseguita in due fondamentali momenti (v. grafico allegato): il particolare della gonna della fanciulla di destra costituisce infatti una giornata a se stante, anche se é difficile stabilire con sicurezza se sia oppure no una correzione in corso d'opera (pentimento). Come tracce di riporto del disegno si notano considerevoli punti da spolvero soprattutto lungo i limiti della veste della fanciulla di sinistra e il profilo del putto. Il fallo del satiro presenta una lacuna, forse determinata da intenzionale danno meccanico e integrata pittoricamente in un momento non precisato. Si sottolinea, infine, il consueto ricorso a battiture di corda orizzontali e verticali nel disegno della cornice (in particolare sul lato destro del riquadro). La pittura, pur depauperata dalla caduta di finiture a secco, rivela un'attenzione particolare agli effetti di luce sulle mobili pieghe delle vesti e una cura nella resa dei corpi, in specie del busto del satiro: tali caratteristiche tendono a distinguere il fare pittorico di questa scena da quello osservato in "Bacco ebbro", sulla stessa parete, e ad avvicinarlo in parte allo stile più accurato e qualitativamente superiore delle scene della parete Sud.
Data di creazione:
1527 - 1527/10/15 ante; sec. XVI, secondo quarto; 1527 - 1527-10-15
Data:
1527
Soggetto:
mitologia
Ninfe e satiro
Materia e tecnica:
affresco finito a secco
Estensione:
altezza: cm 55.5
Condizioni d'uso della risorsa digitale:
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Oggetti digitali
Indirizzo: Museo Civico di Palazzo Te, Viale Te, 13 - Mantova (MN), Italia - proprietà Comune di Mantova
Data di modifica: 1983; 2009
Riferimenti
È riferito da: scheda ICCD OA: 0302128989-20
In: Complesso decorativo di Palazzo Te
Identificatore: work_6072
Diritti
Licenza: Con attribuzione, no opere derivate, senza riuso commerciale