Tipo:
Luoghi della cultura; Oggetto fisico
Categoria:
Musei; Edifici religiosi
La basilica patriarcale di Santa Maria Assunta è il principale edificio religioso di Aquileia (UD) e antica chiesa cattedrale del soppresso patriarcato di Aquileia.
Risalenti al IV secolo i resti più antichi, l'attuale basilica venne edificata nell'XI secolo e rimaneggiata nel secolo XIII. Sorge a lato della via Sacra, affacciando su piazza del Capitolo, assieme al battistero e all'imponente campanile.
Fondati nel 313 dal vescovo Teodoro con il diretto appoggio dell'imperatore Costantino, gli edifici noti come aule teodoriane (i cui resti sono ancora visitabili nella navata dell'edificio attuale e sotto le fondamenta del campanile) costituiscono probabilmente il primo complesso pubblico di culto per i cristiani.
Le aule poggiavano su preesistenti edifici romani (probabilmente degli horrea, vasti granai romani che di certo sorgevano nell'area presso la basilica), di cui presumibilmente vennero riutilizzate le mura perimetrali. Le due aule parallele (entrambe di circa 37x20 m) erano collegate tra loro da un vestibolo di 29x13 m, accanto al quale si trovava il primo battistero. Entrambe le aule erano prive di abside, con sei colonne che sostenevano un soffitto a cassettoni riccamente decorato e una pavimentazione costituita da uno straordinario complesso musivo. L'aula nord costituiva probabilmente la chiesa vera e propria, mentre quella sud (posta dove sorge l'attuale basilica) era un catecumeneo, luogo in cui i battezzandi ricevevano l'istruzione cristiana e si preparavano all'ingresso nella comunità.
La successiva fase della basilica risale alla metà del IV secolo, al tempo del vescovo Fortunaziano, con l'ampliamento dell'aula nord (73x31 m) e la creazione di nuove sale. La grande basilica, divisa in tre navate da ventotto colonne e priva di abside era collegata, attraverso il battistero, al catecumeneo e preceduta da un ampio atrio (secondo uno schema riscontrabile anche nel contemporaneo complesso di Treviri.
Al vescovo Cromazio (388-407) si deve invece l'ampliamento dell'aula sud sino a 65x29 m (con la costruzione dell'attuale facciata) e la costruzione di nuovi edifici, incluso l'attuale battistero. In questi anni si colloca il periodo di massimo splendore del patriarcato di Aquileia (della stessa epoca è il grande complesso di Monastero, sede di una numerosa comunità monastica femminile). La grande prosperità degli anni successivi al concilio di Aquileia si interrompe bruscamente nel 452, quando gli Unni, guidati da Attila, devastano la città e ne massacrano la popolazione. La basilica nord, bruciata durante i saccheggi, non venne più ricostruita. I grandi cantieri cittadini vennero abbandonati e la popolazione cittadina si ridusse notevolmente. Solo nel IX secolo, il patriarca Massenzio, grazie all'appoggio di Carlo Magno, inizia l'opera di ristrutturazione degli antichi edifici.
La basilica di Massenzio, edificata a partire dall'811, riutilizza l'aula sud del vecchio complesso, con l'aggiunta di un breve transetto e la costruzione della cosiddetta chiesa dei Pagani tra la basilica ed il battistero.
Nel 988 un terremoto causa ingenti danni, che porteranno il patriarca Poppone ad attuare, nel 1031, un radicale restauro del complesso in forme romaniche, ricche di influenze carolinge-ottoniane. L'ampio programma edilizio di Poppone, segno del nuovo benessere economico cittadino, culmina con la costruzione del grande Palazzo patriarcale (oggi distrutto) e soprattutto di una "turris celsa quod astra petit", l'imponente campanile alto oltre 70 metri che domina sulla campagna friulana (realizzato in opus quadratum, con i massicci blocchi marmorei dell'antico anfiteatro) ispirato, si dice, al celebre faro di Alessandria e modello per moltissime torri campanarie successive. Un nuovo terremoto, nel 1348, spinge l'arcivescovo Marquardo di Randeck a realizzare nuovi restauri e a sostituire gli archi a pieno sesto della navata centrale con archi a sesto acuto.
L'ultimo grande intervento risale al Cinquecento, quando artigiani e carpentieri veneziani furono chiamati a realizzare il grandioso soffitto ligneo che tuttora si può osservare.
Una comunità di cristiani aderenti allo gnosticismo era presente in Aquileia nei primi secoli dell'era cristiana.
Sulla sinistra, vicino all'ingresso della basilica è presente il Santo Sepolcro, struttura dell'XI secolo che riproduce il Santo Sepolcro di Gerusalemme, come descritto dalle antiche cronache medievali. La struttura era utilizzata durante la liturgia della Settimana Santa.
Le raffigurazioni principali del pavimento possono essere suddivise in quattro campate, partendo dall'entrata.
Nella prima compaiono vari ritratti di donatori, nodi ad ellissi incrociate detti di Salomone ed animali, nonché l'inserzione più tarda di un pannello con la lotta tra il gallo e la tartaruga, contesa simbolica tra il bene ed il male, presente anche nella Cripta degli scavi.
Nella seconda campata sono di particolare interesse i ritratti sia maschili che femminili racchiusi in medaglioni clipeati, tra i quali vi sono anche le raffigurazioni delle stagioni.
Sempre nella seconda campata è rappresentato Gesù come Buon Pastore in un atteggiamento mediato dalla classicità pagana, con la pecora sulle spalle, esattamente come il dio Mercurio del mondo greco-romano. Intorno, in riquadri ottogonali, vi sono pesci, un cervo, una gazzella, vari uccelli posti su rami e cicogne.
Nella terza campata, dove a suo tempo si trovava l'altare, nel riquadro centrale si vede la scena allegorica di Vittoria alata con corona e palma. Il significato è di notevole importanza per la primitiva chiesa cristiana, che usciva vincitrice e di fatto diventava, dopo l'editto di Costantino, la principale religione dell'Impero romano.
Infine la quarta campata, che conclude il ciclo delle raffigurazioni, è costituita da un unico mirabile tappeto musivo, che rappresenta un mare pescoso, con la storia di Giona, profeta ebraico, inviato da Dio per predicare nella città di Ninive in Mesopotamia. Giona si era opposto ed era fuggito su una nave di Fenici; gettato in mare dai marinai e poi inghiottito da un mostro marino, venne poi sputato dallo stesso mostro sui lidi della Palestina. La vicenda di Giona è un motivo ricorrente nell'arte paleocristiana, perché strettamente connesso con la resurrezione dei morti.
All'esterno dietro la Basilica vi è il cimitero dei caduti della guerra 1915-1918, dove riposano dieci degli undici militi ignoti tra i quali Maria Bergamas, madre di un caduto volontario di guerra, scelse quello le cui spoglie mortali riposano all'Altare della Patria a Roma dal 1921. Qui si trovano anche le tombe del gen.le Alessandro Ricordi di Milano, comandante della Brigata Murge assieme a quella del capitano Conte Riccardo della Torre di Cividale, uccisi dalla stessa granata sulla falde dell’Hermada.
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