Santa Maria di Maniace
Raffigurazione di Santa Maria di Maniace
Dipinto
Tipo:
Opere; Dipinto; Oggetto fisico; Maniera bizantina; Legno/ doratura/ dipinto a tempera
Categoria:
Opere d'arte visiva
Autore:
L'immagine, che dal punto di vista iconografico segue il tipo bizantino della Galaktotrophousa, è nota e venerata come "S. Maria di Maniace", titolo strettamente legato alla storia del territorio e della ex abbazia omonima. L'esistenza di una tela con identica raffigurazione nella chiesa di S. Blandano a Bronte, pone da decenni agli studiosi locali la questione della rispettiva autenticità, della quale è necessario riassumere le premesse prima di esporre una valutazione critica sull'opera in esame. Il culto di questa immagine risale ad eventi in parte tramandati dalla tradizione: nel 1040, il condottiero bizantino Giorgio Maniace, accampatosi nei pressi del casale arabo che poi assunse il suo nome, dopo la vittoria sui saraceni avrebbe lasciato a ricordo dell'avvenimento un'icona della madonna, ritenuta uno dei ritratti eseguiti da S. Luca, per la quale venne eretta probabilmente una piccola cappella. In seguito, Gregorio, egumeno del monastero basiliano di S. Filippo di Fragalà, fece costruire sul luogo la chiesa della "Santa Madre di Dio di quel valorosissimo di Maniace", citata per la prima volta nel suo testamento, redatto nel 1105. Nonostante la devozione popolare e la presenza dei monaci basiliani, la chiesa fu progressivamente abbandonata, forse a causa della sua posizione isolata in una zona insalubre e poco accessibile a strapiombo sul fiume. Nel 1173 (o nei primi mesi del 1174), la Regina Margherita di Navarra, moglie di Guglielmo il Malo e madre di Guglielmo il Buono, ordina sulle sue rovine la fondazione di un monastero benedettino sotto il titolo di S. Maria di Maniace, munito di fortificazioni e ben presto dotato di estesi possedimenti, unito al coevo monastero di Monreale. Nella chiesa che fu costruita, consacrata nel 1177, nella navata sinistra "v'era l'altare della SS. Vergine, e ivi collocato il suddetto quadro di detta gloriosa Vergine, che si conservava in detta antica nicchia, la di cui antichità si conosce dall'esser detta SS. Vergine dipinta col vestire alla greca, e col Bambino Gesù nel braccio sinistro lattante dalla stessa parte e per tenere di sopra queste cifre greche di Madre Dio M TH ...". Ai lati dell'icona erano poste due immagini, di cui oggi non si ha più notizia, "cioè in quello destro S. Agata che fra l'altre tiene un libro alla sinistra nel quale si leggono le seguenti lettere m.ss.p.h.d.e.p.l. mentem, sanctam, spontaneam. Honore deo et patriae liberatricem, e nel sinistro S. Lucia, ed in piede di detto quadro due angeli, uno con incensiere l'altro con navetta: questa pittura pare diversa ed aggionta, e si considera che dette due S. Vergini e martiri fossero state dipinte additative alli lati di detto quadro in memoria del dono delli corpi di dette S. Vergini e martiri che fece Giorgio Maniacio a Michele imperadore di Costantinopoli ...". Questa descrizione, presentata a monsignor De Ciocchis nella visita pastorale compiuta tra il 1741 e il 1743, è contenuta in un documento pubblicato dallo storico brontese Radice e costituisce ad oggi la più precisa testimonianza sullo stato antico delle fabbriche dell'abbazia presumibilmente fino al terremoto del 1693, che danneggia gravemente il complesso già in precario stato provocando il crollo della parte absidale della chiesa, mai più ricostruita. I monaci basiliani, a cui dopo alterne vicende era stato affidata l'abbazia, si rifugiano a Bronte, dove nel 1695 ottengono l'uso della cappella di S. Blandano, costruendovi accanto successivamente il nuovo monastero. il Radice riferisce che essi portarono a S. Blandano i loro oggetti di culto, le numerose reliquie e l'antica icona della vergine; più avanti tuttavia specifica che quest'ultima "è imitazione bizantina, e rimonta al secolo XIV", rilevando tale informazione da un verbale del 1867, oggi irreperibile, compilato per la consegna della chiesa all'amministrazione del fondo per il culto dopo la soppressione del monastero. Intanto, nonostante il trasferimento dei monaci, l'abbazia di S. Maria di Maniace non viene del tutto abbandonata: monsignor De Ciocchis dispone che l'antica chiesa, ove un monaco celebra la messa nei giorni festivi, "quae nunc superest, opere plastico integre vestiatur, renovatis eodem opere tribus altaribus nimirum, [...]. In secundo altari beatae virginis, vetus imago reficiatur, atque ornamentis pariter plasticis exornetur, amoto baldacchino e tela, vetustate consumpto ...". Risulta dunque indubbia l'esistenza di un'icona della vergine, antica, da restaurare e rinnovare forse con una cornice, nella chiesa abbaziale. Non è certo però che si tratti della tavola oggi visibile sull'altare maggiore, fatta restaurare a Londra e riposta entro una teca di vetro dal quinto Duca di Bronte nel XIX secolo, nè che la ricca cornice di legno intagliato e dorato di gusto settecentesco che la racchiude sia stata realizzata in quella circostanza. La diversa interpretazione delle fonti ha dato luogo alle opposte e talora contraddittorie tesi degli studiosi sull'autenticità dei due dipinti, o sulla reciproca derivazione, contenute nella bibliografia consultata e in atto non ulteriormente documentabili. Lo storico Nibali avanza anche l'ipotesi che entrambe le icone siano copie o imitazioni di un originale perduto o irrimediabilmente danneggiato nel crollo dell'abside della chiesa di S. Maria di Maniace. La realizzazione in due esemplari potrebbe del resto giustificarsi con le esigenze devozionali di ambedue i monasteri. Considerate anche le vicende storiche su esposte, l'osservazione delle due opere porta alla conclusione che la tela di S. Blandano possa ritenersi con certezza una copia, o derivazione, non anteriore al XVIII secolo e probabilmente rimaneggiata nel secolo successivo, quando la chiesa fu quasi del tutto ricostruita (1824). Si tratta infatti di un'opera realizzata guardando ai canoni figurativi bizantini, i cui caratteri tecnico-stilistici rivelano pero' la fattura setteottocentesca. Per l'icona di S. Maria di Maniace il problema della datazione risulta più complesso. Benchè essa si presenti molto simile alla tela di S. Blandano, in particolare per gli effetti chiaroscurali nelle mani, nei volti e nel panneggio del manto della madonna, l'impossibilità in atto di osservare il verso della tavola ma soprattutto le ridipinture a cui è stata di certo sottoposta – in particolare durante il citato restauro londinese del XIX secolo a cui va fatta risalire anche la probabile ricostituzione del fondo oro - rendono difficile esprimere un fondato giudizio tecnico e stilistico. L'opera peraltro non è mai stata oggetto di studi approfonditi e anche la bibliografia specifica più recente si limita a generiche citazioni. la datazione al XII-XIII secolo sembra desumersi dalla breve descrizione contenuta in una pubblicazione a cura dell'associazione Pro Loco di Bronte, in cui, senza tralasciare la tradizione risalente a Giorgio Maniace, si accenna all'importanza dell'opera quale documento della vitalità dei canoni figurativi bizantini nel contesto composito della cultura siciliana dei due secoli. Più cautamente, il Bilardo non propone datazioni, ma non include il dipinto fra gli esemplari più antichi di pittura su tavola del territorio dei Nebrodi da lui studiato; ne riconosce però l'appartenenza ad un ambito culturale cretese-veneziano. da ultimo, nella sua guida dell'ex abbazia, il rettore di S. Maria di Maniace ribadisce la datazione ai sec. XII-XIII, considerando tuttavia ancora irrisolta la questione dell'autenticità.
Il dipinto, raffigurante la Madonna che allatta il bambino, è racchiuso in una cornice di legno intagliato e dorato.
Data di creazione:
1000 - 1299, Secc. XI - XIII 1873 - 1900, Sec. XIX; 1000 - 1299; 1873 - 1900
Soggetto:
Raffigurazione di Santa Maria di Maniace
La Madonna indossa una veste verde stretta sotto il seno da cintura, con scollo ornato da piccoli ricami in oro e da velo; quest'ultimo copre anche il capo sotto il mantello cremisi, che scende in pieghe radiali coprendo le spalle con un morbido panneggio, l'orlo segnato da leggeri tratti color oro. Il capo piegato a destra è circondato da un'aureola a doppio profilo punzonato su fondo oro, tagliato al limite superiore dalla cornice; la mano sinistra piegata sorregge il bambino seduto di tre quarti, la destra dalle dita affusolate poggia sulle sue ginocchia. Il bambino ha aureola dorata parzialmente punzonata e sovrapposta al manto della madonna e volge lo sguardo alla madre tenendo tra le mani la piccola mammella; la veste trasparente è realizzata con tratti bianchi curvilinei, il mantello rosso ha orlo e piccoli decori in oro e scopre solo i piedini, dei quali il destro raffigurato di scorcio. Sul fondo, le iniziali greche "M" E "TH" poste agli angoli risaltano entro campiture circolari scure.
Estensione:
altezza: cm 70; larghezza: cm 53
Condizioni d'uso della risorsa digitale:
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Oggetti digitali
Indirizzo: Chiesa Santa Maria di Maniace, Contrada Erranteria, Maniace, Bronte (CT), Sicilia - Presbiterio, parete di fondo,inv. 284
Riferimenti
È riferito da: scheda iccd OA: 19-00276889
In: Collezione storico artistica della Ducea di Nelson
Identificatore: work_68719
Diritti
Diritti: Comune di Bronte
Detentore dei diritti: Proprietà Ente pubblico territoriale
Licenza: Con attribuzione, no opere derivate, senza riuso commerciale